Riportiamo alcune interviste a familiari di pazienti talassemici, 
fratelli, sorelle, mamme, papà, nonni, sul rapporto tra fratelli,  
sulla vita in famiglia, sull'impatto della malattia. Il primo 
intervistato è un fratello più giovane, il secondo un fratello con 
qualche anno in più; poi abbiamo sentite una sorella  sana che 
parlava della sorella malata (il rapporto tra sorelle è naturalmente 
diverso rispetto al rapporto tra fratelli) poi abbiamo sentito una 
mamma, poi alla fine un papà, e neanche un papà qualunque, ma il Presidente 
dell'Associazione Lotta alla Talassemia di Ferrara. 
L'intervistatore, quasi professionale, è sempre V, un vecchio talassemico.
Un fratello minore
 
V: Quali erano le tue sensazioni quando eri piccolo, da quando 
hai saputo della problematica di tuo fratello: ti ha pesato, ti é 
dispiaciuto, che idee ti sei fatto? 
R: No non mi ha pesato per nulla; l'idea che mi sono fatto è che 
nonostante la sua problematica, la sua malattia, é poi riuscito a 
costruire una vita semplice fatta di valori reali che sta trasmettendo 
a me, e ne sono rimasto colpito allora come adesso; colpito della sua 
forza di carattere, della sua voglia di vivere la vita con serenità.  
 
V: Il tuo rapporto attuale con tuo fratello ? Buono, ottimo, 
scontroso, protettivo?  
R: E' ottimo visto che non lo considero un fratello ma un amico; e 
anche un secondo papà. Io ho 19 anni e penso ormai di aver capito 
il senso di quelle benedette domande che mi facevano a scuola... " 
avete mai provato a legarvi ad una persona a tal punto da donare 
parte del vostro cuore o la vostra vita..." beh, penso di averla trovata 
perché se riesci ad aprirti con mio fratello. e a vivere emozioni come 
le sto vivendo io, allora è la persona giusta per quelle domande... è 
questo il rapporto che lega me ea lui. e penso che, finché avrò vita, 
non si dileguerà come foglie al vento....  
  
 V: Pensi che i tuoi genitori abbiano trattato diversamente te da 
tuo fratello? Anche in funzione della sua malattia?  
R: No, fortunatamente no.  
Papà e mamma ci hanno voluto bene a tutti e tre allo stesso modo. 
 
 V: Come vedi tuo fratello? Buono, forte, intelligente, 
premuroso? 
R: Sì, lo vedo buono forte intelligente... non posso vederlo altrimenti, 
come dicevo prima; è come se avessi avuto due papà. 
 
V: Quando sarete vecchi (lui un po' di più), potresti essere tu il 
suo bastone per la vecchiaia?  
R: Si certo;  perché al di la di tutto, mi sentirei più realizzato... 
anche nei suoi confronti;  perché è lui che oggi mi sta dando tutto 
ciò che uno può sperare di ricevere da un fratello; e se io potessi 
aiutarlo, più in là nella vita,  sarebbe solo  un piccolo segno di 
riconoscenza ... ma lo farei davvero col cuore; e  non "perché 
devo"... 
 
 
Un fratello maggiore 
 
V: quali sono state le tue reazioni all'apprendere che tua sorella 
aveva la talassemia? 
A: Naturalmente, a 13 anni, la prima reazione è stata di dispiacere, 
seguita a breve dai pensieri di come avrebbe potuto essere la sua 
vita, con così continui momenti di trattamento ospedaliero, con 
situazioni che si presentavano negative e di dolore. Per i suoi primi 
anni si pensava ad una vita in "solitudine" dato che non avevamo, 
né i miei genitori né tanto meno io, la coscienza di poter combattere 
contro quel male; poi, diventato più grande, avendo cominciato a 
frequentare l'Associazione é emersa la consapevolezza che la 
medicina iniziava a progredire, che la vita poteva essere allungata 
(allora era....corta) e che la nostra situazione poteva diventare 
migliore; personalmente per qualche anno sono stato presente, in 
compagnia di tanti altri per informare, tramite l'Associazione, tanti 
genitori che si sentivano soli, con i figli con quel problema; e allora, 
noi primi fondatori dell'associazione, con l'enorme contributo di chi 
non possiamo mai dimenticare, il professor Vullo, abbiamo iniziato 
la lotta per sconfiggere la solitudine dei genitori e, perché no, anche 
dei bambini ammalati.  
 
V: Il tuo rapporto con tua sorella ? Ti sei sentito trattato 
diversamente da lei in famiglia?  
A: Parlare del rapporto con mia sorella è una faccenda molto 
particolare; perché sono stato e sono, sicuramente, felice dei suoi 
momenti sereni e altrettanto infelice dei suoi momenti "no"; e  
perché pensando al lontano passato e vedendola  ora adulta, mi 
sembra " un sogno";  perché mi auguro che tutto possa continuare 
ad andare avanti bene, così come sta andando. Ma forse parlare di 
un  rapporto "ottimo e protettivo" é riduttivo. Io non sono genitore, 
non ho figli miei, ma solo figli acquisiti ed ora adulti; e,  diciamo,  
credo che inconsciamente i genitori facciano sempre qualche 
differenza fra i figli: se sì,  nel caso mio, forse la differenza, se è 
esistita, era a mio favore. 
 
V: Come vedi tua sorella?  
A: Come è mia sorella? Buona, premurosa con tutte le persone che 
lo meritano, capace di dare anche senza ricevere niente in cambio, 
sempre disponibile verso gli altri (forse troppo); poi, aggiungere che 
è forte è forse troppo poca cosa, perché bisogna esserlo per vedere 
la vita sempre con serenità e capacità critica, con spirito costruttivo 
e con la soddisfazione per le cose che riesce a fare, anche quelle 
meno importanti.  
V: Quando sarete vecchi, come ti immagini il vostro futuro 
insieme?  
A: La vecchiaia, brutta cosa! Non è per ora nei miei pensieri, ma 
sono convinto che, non da soli, saremo capaci di essere bastone e 
stampella reciproci. La mia avventurosa vita coniugale ha 
comportato anche qualche allontanamento da mia sorella, non solo 
in chilometri, ma anche di situazioni; allontanamenti che però non 
hanno minimamente intaccato il mio rapporto con lei, non hanno 
mai ridotto il mio sentirmi  vicino a lei; e nessuno è mai stato capace 
nessuno di crearmi negatività nei suoi riguardii: che é sempre stata 
capace di avvicinarsi a tutti con assoluta sincerità, serenità e bontà. 
Sono felice di avere una sorella così. 
 
 
Una sorella 
 
V: Quali stati d'animo ti ha provocato l'apprendere della 
malattia di tua sorella? 
L: Quando sono nata, mia sorella aveva nove anni, e per me era 
normale sentire parlare di trasfusioni e vedere che faceva la 
macchinetta (l'infusione lenta con aghi a farfalla sottocute del 
farmaco  chelante del ferro), ma non capivo la sofferenza che ne 
derivava. Quando l'ho capito ne ho certamente sofferto; e ho anche 
cercato di aiutare come potevo, per esempio cercavo di essere brava 
a scuola, di aiutare nelle faccende, e a preparare la macchinetta la 
sera, così la mamma non aveva altre preoccupazioni. 
 
V: Il tuo rapporto con tua sorella?  
L: Abbastanza buono, anche se lei è sempre in super ritardo e se 
diventa quindi difficile organizzare incontri di famiglia, soprattutto 
per pranzi o cene, a maggior ragione ora che c'é una bimba piccola 
in famiglia (mia figlia). Per il resto andiamo d'accordo. 
 
V: Pensi che i tuoi genitori abbiano trattato differentemente te e 
tua sorella, a causa della sua malattia? 
L: Penso sia stato inevitabile per i miei genitori dedicare più tempo 
a mia sorella per le esigenze inderogabili dovute alla malattia; ma  
questo, almeno a livello conscio, non mi ha pesato, anche se da 
piccola chiedevo conferma a mia mamma del fatto che mi volesse 
bene; dal punto di vista dell'educazione, con me sono stati un po' 
più inflessibili per la scuola e per i doveri di casa, ma sono contenta 
di questo, che finiva per combaciare con la mia indole indipendente. 
 
V: Come vedi tua sorella? buona, forte, intelligente, premurosa? 
L: Penso che mia sorella sia molto forte di carattere, molto più di 
me, tanto da essere quasi menefreghista; infatti, alle critiche non 
risponde, ma poi fa ciò che vuole (ma mio papà è uguale ed anche la 
mia nonna paterna); ed è molto generosa, con me infatti trova 
sempre qualcosa da regalare. 
 
V: E quando sarete delle anziane signore? Come vedi il vostro 
rapporto? 
L: Ho sempre pensato che mia sorella sarebbe diventata vecchia, 
anche se ho sempre sentito dire che c'era la possibilità che morisse 
giovane. Visto che non ha figli, se dovesse avere bisogno, cercherò 
di fare quanto possibile per aiutare mio cognato, sperando anche di 
avere già, per allora,  figli grandi abbastanza e indipendenti che 
possano aiutare a loro volta (perché no?). 
 
Una Mamma 
 
V: Quando lei e suo marito avete avuto la prima conferma della 
diagnosi della talassemia di vostra figlia, quali sono state le 
vostre emozioni, i vostri sentimenti? 
T: Incredulità, non sapevamo, né conoscevamo di cosa si trattasse, 
non sapevamo né di talassemia e nemmeno di microcitemia, la 
professoressa Scarpa,  direttore della clinica pediatrica del 
Sant'Anna, mi ha confermato la diagnosi finale, ma il nostro medico 
di base di allora, il dottor Sproccati, lui aveva capito che forse era 
meglio andare in un Centro specializzato per approfondire, mi ha 
indirizzato al Sant'Anna, e così abbiamo fatto. 
V: Reazioni positive o negative di voi come genitori? 
T: Io, come mamma, tra l'altro ero appena diciannovenne, ho 
cercato sempre di ragionare positivamente, cercando di capire cosa 
era meglio fare per mia figlia, mentre mio marito si è chiuso in sé, 
quasi evitando persino di parlare del problema. 
 
V: In quei momenti chi vi è stato più vicino? Qual è stata la 
persona  più importante per aiutarvi a farvi una corretta visione 
della realtà? 
T: Devo dire che nessuno in particolare ci è stato vicino, o di grande 
aiuto, né i nostri genitori, e nessun altro, parenti, amici, eccetera, 
nessuno. Forse pensandoci bene, l'unico che ci abbia aiutato é stato 
il nostro medico di base, il  dottor Sproccati, forse più come aiuto a 
livello psicologico, perché in quei momenti è di quello di cui  hai più 
bisogno. 
 
V: I vostri primi approcci ospedalieri "da Ortolani"? 
T:  Ti dico che "da Ortolani" era come una famiglia, con un diverso 
e miglior livello di cura; ricordo che mia figlia è stata seguita in 
Clinica Pediatrica (Clinica Pediatrica Universitaria) al Sant' Anna 
fino ai tredici  anni;  poi per vari motivi... siamo approdati, per 
scelta, "da Ortolani"( la Divisione Pediatrica ospedaliera); e  ho 
potuto constatare che era un ambiente molto accogliente in tutti i 
sensi, come metodo di cura e come rapporti umani. 
 
V: Mentre sua figlia diventava grande, come ha vissuto 
l'inserimento con gli amici, a scuola, ed in ospedale? 
T: In ospedale non ha mai avuto problemi di inserimento, mentre a 
scuola, fino alla terza media tutto bene, poi alle superiori, a parere 
mio, non è stata capita, e forse nemmeno accettata; dopo pochi mesi 
del primo anno di superiori, per dispiacere, per stress, per tutta una 
serie di situazioni, ha collassato, in definitiva è stata molto poco 
bene; allora  sono riuscita a parlare del problema al professor 
Vullo, che molto sinteticamente ed umanamente mi ha detto "meglio 
un asino in casa, che un dottore al cimitero". 
V: I tempi passavano, i traguardi si intravvedevano, ma per lei 
qual è stata o sono state le svolte più importanti? 
T: Di sicuro, a livello medico, tra le tante cose, credo che il dottor 
De Sanctis con le sue cure innovative e con le terapie 
endocrinologiche, abbia aiutato molto mia figlia, non solo a livello 
fisico, ma anche a livello psicologico, perché finalmente mia figlia si 
è riuscita a vedere se stessa come tutte le altre sue amiche ragazzine, 
e di conseguenza la sua sicurezza e tranquillità ne ha beneficiato, 
mentre la comprensione e l'aiuto di alcuni servizi sociali di zona, le 
hanno consentito l'inserimento lavorativo. 
 
V: Quali sono state le sue sensazioni riguardo alle  scomparse 
premature di pazienti talassemici? 
T: Costantemente, in primis, sempre mi dicevo che alla mia figlia 
non sarebbe mai successo! A lei invece raccontavo molte bugie e 
scusanti, bugie talmente grandi e dette bene che quasi ci credevo 
pure io. 
 
V: Due parole sui donatori di sangue 
T: Un grandissimo grazie. 
 
V: Oggi, 2011, la talassemia, i suoi timori, le sue attese, cosa si 
aspetta dall'attuale classe medica? 
T: Non vorrei dire, ma ho la sensazione che i medici , un pochino, si 
siano seduti, questo non va bene! Dovrebbero pensare " ma il 
professor Vullo, cosa direbbe di noi? Non credo lui sarebbe 
contento, questo è il mio parere; e credo  necessario che loro 
ritornino alla migliore informazione ed al continuo dialogo con noi, 
cioè coi pazienti, ora siete voi a dover essere bene informati, ad 
essere i diretti interessati! Ho sempre preteso come mamma, di 
sapere tutto, per avere il giusto modo di comportarmi, confermo che 
così si deve fare anche nei riguardi del paziente. Paziente ben 
informato e coinvolto, miglior paziente, consapevole e collaborativo. 
 
V: Oggi Sua figlia è una donna sposata, lavora, viaggia; sarà lei il 
bastone della Vostra vecchiaia? 
T: Spero proprio di sì! Visto che il suo comportamento di oggi dice 
proprio questo! 
  
Un papà  
 
V: Mi dica cosa ha significato, per Lei, per un  papà, la conferma 
di una diagnosi, sul proprio figlio,  di una patologia genetica, 
rara, e cronica? 
U: un mondo che crolla, tutti i sogni, la felicità che finisce! Dolore 
immenso per la creatura messa al mondo, della quale non sai più 
immaginare che avvenire avrà. Mia moglie ed io disperati, ma 
sempre uniti con un grandissimo amore verso la nostra creatura. 
 
 
V: Chi vi è stato più vicino? Chi è stato il più importante per voi 
due? Per darvi una corretta visione della realtà?  
U: Una visione della realtà? Ma qual'era? Quale poteva essere, 
allora? Buio, buio pesto. Il professor Ortolani cercava di consolarci; 
ma era solo una consolazione. Il professor Vullo non c'era ancora; 
ma in realtà non c'erano nemmeno gli strumenti, non dico  per 
garantire, ma neppure per lasciar sperare.T anta paura, tanta 
confusione, tanto dolore.   
 
V: I vostri primi approcci con l'Ospedale?  Il vostro rapporto 
con medici ed infermieri di Ortolani? 
U: I primi momenti, entrare all' I.P.I. era un trauma. Per un po' mio 
figlio ha mantenuto un buon livello di  emoglobina. I medici e gli 
infermieri erano persone ottime, che capivano il nostro dolore e 
cercavano di aiutarci e consolarci. 
V: Più tardi, via via che Mi. cresceva, come è stato il suo  
inserimento con gli amici, nella scuola, in ospedale? 
U: Mia moglie ed io abbiamo sempre parlato molto con maestre e 
professori di Mi. Il suo inserimento è stato ottimo e i suoi compagni 
lo hanno sempre amato e rispettato. In ospedale, sempre con la sua 
mamma, era molto buono e accettava le cure di buon grado. Ormai 
facevano parte della sua vita. 
 
V: Il suo rapporto umano e professionale con il prof. Vullo è 
stato molto positivo! Quanto era importante? Quanto è stato 
proficuo per lei, per voi come famiglia, e per tutta la famiglia 
talassemica? 
U: Per me il professore è stato più che un fratello. Il rapporto con lui 
è stato fondamentale, Mia moglie conferma e anch'io lo penso, che 
lui ha fatto rinascere Mi; e anche noi. Ci é stato sempre vicino;  e 
vederlo cosi interessato ai talassemici e unito a noi nella nostra 
battaglia, è riuscito a farci sperare nel  futuro. 
 
V: Ci racconti della creazione del primo Day Hospital a Ferrara, 
e del primo infusore per il chelante. E di quale altro, secondo voi, 
sia stato, eventualmente, un passo altrettanto importante. 
U: il Day Hospital è servito a limitare i giorni di permanenza in 
ospedale e sicuramente il carattere di MI. e la qualità della vita di 
tutta la famiglia se ne é giovato. Il primo infusore è stato un altro 
trauma, ma n4llo stesso tempo,  per molti, un enorme beneficio. 
Importante é stata l'introduzione del Desferal, il chelante per via 
parenterale, che preveniva o limitava i danni da accumulo di ferro; 
ma poi il chelante orale é stata un'altra  svolta, certo non altrettanto 
importante per l'attesa di vita , ma certamente rivoluzionaria per la 
qualità della vita; ma poi, o prima, altri piccoli e non tanto piccoli 
passi, dalla camera sterile per trattare e conservare il sangue da 
trasfondere, la distribuzione dei farmaci tramite l'ospedale, la 
risonanza magnetica. Una serie continua di progressi, che hanno 
cambiato incredibilmente il panorama assistenziale.
 
 
V: Ci può dire qualcosa sui momenti difficili? sui momenti 
bui?decessi, grandi perdite, "da Ortolani" all'I.P.I.? Lei che 
parlava privatamente con il prof. Vullo, può forse dirci qualcosa 
di quello che la maggior parte dei genitori e dei pazienti non 
sanno?  
U: No non c'è niente di segreto da svelare. Il professor Vullo aveva 
detto più volte, nelle riunioni mensili con i genitori, che l'infusore 
avrebbe portato molti sorrisi, ma anche tante lacrime; perché chi 
era più avanti nell'età, con grossi depositi di ferro che aveva 
accumulato, avrebbe anche corso dei rischi.  
 
V: Avis, donatori di sangue, meriti di ieri e aspettative per oggi. 
U: I donatori di sangue sono tutti  persone meritevoli della massima 
riconoscenza. Noi in particolare dobbiamo ringraziarli, ieri come 
oggi, e sperare che le nuove generazioni non vengano meno al loro 
esempio di solidarietà per il prossimo. 
 
V: MI. è adulto, ed è anche mio amico; tanta strada fatta, tanta 
da fare ancora...
 
U: MI. ha una vita più che normale, e questo è un punto d'arrivo che 
non osavo neppure sperare. Ma restano sempre il sogno e la 
speranza di una guarigione definitiva. 
 
V: MI. oggi è un uomo, un artista, sarà lui oggi il bastone della 
vecchiaia per lei e sua moglie ? 
U: La nostra speranza è di non doverlo disturbare mai con i 
problemi miei e di mia moglie. Ma è anche quella di vederlo 
arrivare, anziano e libero: libero  dalle trasfusioni, dal Desferal, 
ecc... Finalmente!!!
Associazioni
- Unione delle associazioni dei pazienti talassemici
 - Associazione per la lotta alla talassemia di Ferrara
 - Società Italiana per lo studio della Talassemia ed Emoglobinopatie
 - Thal Lab Homepage
 - Associazione Talassemici di Torino
 - Associazione Talassemici e Drepanocitici Lombardi
 - Associazione Veneta per la Lotta alla Talassemia
 - Associazione Emofilici di Ravenna (EX)
 
